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Francesco Moro - Comune di Sartirana Lomellina 2007
X Edizione

Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio 2007
Clicca qui per il bando completo del concorso
Andamento del concorso:

Antologia La spedizione dell’antologia è terminata il 25 febbraio 2008
Premiazione La premiazione si è tenuta il 22 luglio 2007 presso la Pila del Castello di Sartirana Lomellina (PV).

Risultati

La Giuria della decima edizione del Premio Nazionale di Poesia Francesco Moro – Comune di Sartirana Lomellina 2007, Organizzato dalla Biblioteca Comunale di Sartirana Lomellina (PV) con il patrocinio del Comune di Sartirana Lomellina e della Provincia di Pavia e con la collaborazione tecnica dell’Associazione Culturale Il Club degli autori, composta da: Giancarlo Berton, Sindaco del Comune di Sartirana Lom., Paola Camussoni, Assessore alla Cultura e ai Servizi Sociali del comune di Sartirana Lomellina, prof. Luisa Denari; prof. Giuseppe Castelli; Severino Di Candia, scrittore, Felice Martinotti, esperto di poesia dialettale, Umberto De Agostino, Segretario del Premio. Dopo attenta valutazione delle opere pervenute ha stilato la seguente classifica:


Vince Euro 100,00 – Targa del Comune di Sartirana – Pubblicazione di un libro di 32 pagine di cui verranno assegnate 100 copie gratuite – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet Club.it


  • Opera 2a classificata Ti ho vista di Anna Corsi, Lecce.

Vince Euro 70,00 – Targa del Comune di Sartirana – Pubblicazione di un quaderno di 16 pagine con copertina di cui verranno assegnate 50 copie gratuite – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet Club.it


  • Opera 3a classificata Soldato di Giovanni Zanone, Valle Lomellina (PV).

Vince Euro 30,00 – Targa del Comune di Sartirana – Pubblicazione di un quaderno di 16 pagine autocopertinato di cui verranno assegnate 50 copie gratuite – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet Club.it


Vincono Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet Club.it, i seguenti autori:

  • Opera 10a classificata Luna di Alessio Possessi, Rondinara di Viano (RC).


Sezione Poesia in vernacolo pavese:

  • Opera 1a classificata ex aequo vernacolo J’og ad me màdar di Piera Zucchella, Pinarolo Po (PV)
  • Opera 1a classificata ex aequo vernacolo La Marieta la ranata di Alba Silva, Robbio Lomellina (PV)
  • Opera 1a classificata ex aequo vernacolo La prèssia di Angelo Bonafè, Candia Lomellina (PV)
  • Opera 1a classificata ex aequo vernacolo Suocerà di Rina Ravera, Voghera (PV)


Gli autori vincono dei Prodotti tipici locali – Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet Club.it

Opere vincitrici

SIMONA PAGLIARI

Opera 1a classificata

Il giorno della vita


La luna parlò al sole.
Gli disse:
«Fammi posto!».
Ed esso divenne rosso
e poi polvere purpurea
il suo atto di passione.
La luna splendette tonda
col viso illuminato
di chi si sente amato.
Alla mattina fu il sole
a bussare nel suo letto.
Lei pigrona si stiracchiò
e scomparve da vera diva.
Un’alba rosea aprì il mondo
e da allora il giorno
fu sinonimo di amore.


ANNA CORSI

Opera 2a classificata


a Wanda che ha ucciso morendo il suo cancro


Ti ho vista
zingara della vita
il passo lieve e danzante
mentre la gonna ti fioriva attorno
come una corolla
e respirava al vento
e danzava anch’essa intorno al busto opulento
e innamorato della vita
Le tue dita morbide e fantastiche
come i capelli di una ninfa nell’acqua
disegnavano parole nell’aria
suonavano parole e sentimenti gentili
mentre l’opposto suggeriva la gran chioma fulva
piena di ironia e selvaggezza
fiammeggiava in riccioli convulsi e ribelli
e rinvigoriva il dolce sorriso
del lago chiaro dei tuoi occhi alpini
e della bocca serena
Ti ho vista sulla strada ampia
fitta di verde e di case che confinava col cielo
e il riflesso del cielo era sul viso ammiccante
nella mano che salutava
e accennava la fretta e l’attesa
Impaziente alla mia lentezza a seguirti
con lieve passo sei andata verso l’orizzonte lontano
levando nel saluto la mano
Era un sogno amica perduta zingara della vita
col risveglio tu sei sparita.


GIOVANNI ZANONE

Opera 3a classificata

Soldato

Dalla fronte scende una goccia
freddo sudore della paura

Dagli occhi scende una goccia
amara lacrima della lontananza

Dalla bocca esce una goccia
acida saliva dell’odio

Dal cuore esce una goccia
caldo sangue della morte


PAOLA ZANOIA

Opera 4a classificata

Lasciatemi andare, ora

(a P. Giorgio Welby)


Nemmeno questa
rabbia furiosa
basta a muovere il mio braccio
per spegnere
quel respiro meccanico
nell’inutile mio tempo.


Nel corpo fermo
l’anima brucia
come i miei occhi di brace
stanchi di chiedere intorno.


Non sono io quell’ombra nel letto
così immobile nell’urlo continuo
del dolore.


Io sono altrove
a cercare la quiete,
l’inizio e la fine
dell’essere uomo.


Lasciatemi andare, ora
di tutto quel che ho perso
rivoglio solo
la mia libertà.


MARIA ROSA GELLI

Opera 5a classificata

Al mio adorato papà


Papà ti prego non ricordarmi la tua età!
Nel tuo abbraccio questa sera
ho sentito tutto il bene e l’amore
che mi hai dato in questi anni
e ho avuto una stretta al cuore.
Stammi sempre vicino, non lasciarmi mai sola.
Tu che vigile e premuroso
hai guidato i miei passi
incerti e vacillanti
nel cammino della vita,
tu che hai tenuto le mie mani fra le tue
quando ero spaventata,
quando era malata,
quando ero depressa e confusa,
anche se quelle mani
sono cambiate con il trascorrere degli anni
sono ancora le mani di mio padre
che mi accarezzano sempre con amore
che mi danno conforto e rassicurazione
ogni volta che io le cerco.
E sempre cerco quel grande conforto
che tu mi regali in ogni momento
in cambio di niente.
Sei sempre accanto a me
che mi guardi
con i tuoi occhi belli ma stanchi
e sento la tua voce
che mi sussurra flebili parole
mentre i miei occhi
si bagnano di pianto
nei tuoi brilla
una lacrima d’Amore.


DONATELLA PINARDI

Opera 6a classificata

Istanbul


Il richiamo alla preghiera dai minareti,
la moschea blu,
il vociare del grande bazar,
i locali fumosi di narghilé,
il tè alla menta,
e l’isola dei Principi
con le sue carrozze…
le nostre mani
non sono più unite,
ma le nostre anime
si cullano ancora,
abbracciate.
E allora, corro,
attraverso le strette stradine,
raggiungo la Torre Genovese,
che domina il Bosforo silenzioso.
Salgo le scale,
su fino in cima,
e ti trovo lì
ad aspettarmi,
nel nostro rifugio
tra cielo e mare.
Il sogno si ripete,
tutte le volte che sono disperata,
quando sento quel buco nel cuore,
ed il peso della tua assenza
mi toglie il respiro.


EMILIA FRAGOMENI

Opera 7a classificata

Schegge d’approdi


È ormai ricordo l’armonia dei giorni
che subito si sfalda in vortici di polvere
e chimere… Già il treno corre e ingoia
stazioni deserte e lacrime d’addio.
Già avanzano le angosce dell’assenza
ed oltre il finestrino scheggiano curve
di monti evanescenti, coriandoli
d’azzurro sul rosso dei papaveri
ondeggianti tra spighe ancora acerbe
e fili d’erba fresca tremolanti.
Avvolta nel gomitolo del tempo, mi trasale
il prodigio dell’attesa – di me fanciulla,
trepida, radiosa, sulla panchina di struggenti
incanti, – di un treno che correva in braccio
al vento, su ciottoli candidi di canti
e fantasie celate di ingenui sogni.
Ed ora il treno corre ancora, ma su binari
sghembi, tra le crepe del legno, non più
attese trepidanti a trasportare, né sogni
appesi a chiodi di diamante, ma tintinnanti
pensieri della mente, tra un oscillare lieve
di ricordi, silenzi cadenzati ad ascoltare
fischi acuti, che penetrano nel cuore
come piccole frecce di dolore.
E la memoria sfugge tra le dita,
e già quel treno lancia la sua corsa,
sotto luci di voli, che sfaldano tristezze
e delusioni, fantasmi del presente,
di zolle rinsecchite, che s’illudono
ancora d’accogliere germogli di vita.
Nell’aria ombre stizzose ad oscurare
il tempo; nel cuore odori forti di fior
d’arancio e di ginestre, il ritrovare
l’innocenza in fondo ai campi, il filo
chiaro di un’alba luminosa e l’illusione
che il treno possa ancora fermare la sua corsa…


MARILENA FOLINO

Opera 8a classificata

Un bouquet di rose

a Marzia


Nell’ultimo viaggio terreno
ti accompagnò la mamma.
La vidi nel sole sfocato di marzo
là, ferma nel campo,
altera e affranta, fra tutte le madri.
Tra le dita stringeva corolle di rose
il cui profumo di pianto
le s’era dipinto sul viso.
Vidi i suoi passi incerti, sgomenti,
tra l’erba di primavera, le margherite contrite
muoversi, là, sul sentiero del campo.
Fu lo strazio del sole sfocato di marzo
e il cielo pianse una lacrima
quando depose quel bouquet di rose,
su il legno chiaro della tua croce
in cui svanirono i suoi sogni di madre
imprigionati nel carcere del dolore,
ma capii che ancora per lei ci saranno
vivi nella mente ricordi d’amore.
Per la tua immutata giovinezza eterna
s’apriranno ora cancelli dorati,
sentieri di luce, ruscelli fioriti
i soli di nuove primavere,
mentre le tue mani eteree
spargeranno piano nel cielo di Dio
bianche corolle di rose gioiose.
Il tuo bouquet di rose.


GIUSEPPE D’UVA CIFELLI

Opera 9a classificata

L’Adolescenza negata



A te, fanciulla
d’oltre frontiera,
portata in Italia
con lusinghe e chimere,
a te, fanciulla in fiore,
che, a sera, passeggi sulla via,
da sola o in compagnia,
a te, che vivi nel terrore
la tua disavventura,
a te, incolpevole creatura,
va oggi il mio pensiero.
A te e al tuo rio destino,
che tante mamme accora,
va la mia tenerezza,
o acerba ragazzina,
da altri costretta,
con ardite minigonne,
ad apparir già donna.
A te, fanciulla di dolci fattezze,
cui è stato spento
il sogno della giovinezza,
a te, bambina di belle sembianze,
cui è stata tolta la speranza,
a te, che vivi, a sera, l’ossessione
di far da esca sotto un lampione,
a te, del cielo bistrattato dono,
umilmente chiediamo perdono,
e per te invochiamo
una giusta sentenza,
che dei malvagi
punisca l’empietà
e a te restituisca,
se non l’innocenza,
almeno la pace e la libertà.


ALESSIO POSSESSI

Opera 10a classificata

Luna



Splendida luna che quieti ogni mia notte
Fedele custode di mille segreti
Primo violino in un’orchestra di stelle
Quante volte a te ho gridato il mio dolore
Quante volte la tua luce mi ha guidato,
attraverso gli oscuri labirinti della mia anima
a te rivolgo questa mia preghiera
aiutami ancora una volta a rialzarmi
aiuta la speranza che alimenta il mio cuore..
Lascia che la tua bianca mano accarezzi il viso
di chi ora non ha forza nemmeno per guardarti…


ANGELO BONAFÈ

Opera 1a classificata ex aequo vernacolo Sezione Poesia

La prèssiä



Al dì d’incöi j’èn tüc prèssiä,
la gènt l’à pü mìjä ‘d pasiènsä e tèmp da spicià.
Quènd i vèn bèncä, an pòstä o ‘n butèjä crumpà,
j’èn fài che rivà, ca i vurìssu già ési sarvì e scapà cà,
parchè ‘i dìsu ca j’èn prèssiä, pö ‘s pasà ‘llong la strà
e ‘s trövu là, ca j’èn andré ciciarà.
Par no parlà quènd as và ‘ndùuä ‘l dutùr,
che davénti j’é ‘ncasì ‘n quèi viagiatùr
e stà déntä püsè d’al sòlit,
l’è tüt an barbutà, ma sìcä ‘l fà dèntä cullà,
al vènnä pü förä da là?
J’èn prèssiä ‘ncasì ‘i pärdapé,
quènd ai vènnä i lavùr an campàgnä da fà
e ‘l rìs, madür an ti chèmp da tajà,
allùrä j’èn ancùrä püsè prèssiä,
parchè ‘i dìsu che d’al vòti ancà’ cùr tüt al dì,
al rìvä la sìrä, ca j’èn no stài bòn da finì.
Quènd an vènnä ‘n mènt,
cun tütti ‘l màchini, tratùr, aeroplàni
e trénu a d’àltä velocità ca j’è dès,
epürä j’èn sémpär prèssiä
e i rìvu no tèmp istès.
Sìcä j’àvu mài da dì, i nòs vèc,
ca j’andàvu sémp’ a pé,
par i strà, an ti chèmp e ‘llòn i sintè,
pö i mèssu par purtà ‘n gir la ròbä e laurà,
allùrä j’éru i bö e i cavà e ‘i rivàvu tèmp ancasì lùr,
a fà tüc i sò lavùr.
Anvéci ‘ndùuä sa no prèssiä d’andà
e ‘s cèrcä sémp da rimandà,
l’è satàsi ‘n tla pultrònnä d’al dentìstä,
quènd j’è ‘l dènc da fa rancà.


ALBA SILVA

Opera 1a classificata ex aequo vernacolo Sezione Poesia

La Mariêta la ranâta



La Mariêta la ranâta,
là gàva una passion: andà pär ranni,
la ligàva al so panet an testa a la didò,
la piàva löbbia par riparas dal sû,
e s’anviarava tra fos e riseri.
Cûn la bucca, la fava al vers ad la ranna,
e cun la mênt, la disiva al rusari,
e fin che al sû al calava nò,
l’eva mai pronta da turnà a cà!
Un dì l’era tûta contenta
perché la pudiva n’dà via n’à quai ura m’prumma,
ma l’ha stai sfurtunà,
a metà strà l’ha scarpûscià e l’hà drucà,
la bachetta a sa rüt, e i snöc ieran tûc a splà,
cun tant a spirit l’hà turnà a cà,
i snöc là midigà, po, l’hà pià n’autra bachetta,
e via s’gà già par al temp pers recûperà!
An pöc temp la sachetta l’era pinna,
“la giurnà l’era bela che guadagnà”,
as pudiva andà a cà, ma…
drera cûl fos, n’a ranna grosa ag guardana dos,
l’era n’à sfida da nò rifiutà,
l’ha slungà la so bachetta e l’fil cûn al ranin tacà
davanti ai so öc l’ha fai balà, par fala bucà
ma la ranna a sa spustà un po’ püsè an là,
la prova ancora, ma la ranna a buca nò,
e sa sposta ancöra un po’,
la Marietta a s’anrabbià,
par la tersa volta la bachetta la slungà,
la ranna l’ha sautà, le svelta cun la man l’ha ciapà
“Ta mè fai propi a’nrabbià”
che am dispias finna purtat a cà,
“tò ad las ancöra la tò libartà”
la svirù la so man e la ranna sautanda via la fai:
“cra, cra,” chissà forse a la so moda mà ringrasià!


Traduzione: Maria la ranata

Maria la ranata,
aveva una passione, andare per rane,
legava il fular in testa alla “didò”
prendeva il cappello per ripararsi dal sole,
e s’incamminava verso i fossi vicino alle risaie.
Con la bocca faceva il verso della rana,
mentre mentalmente recitava il rosario,
e fin che il sole non tramontava,
non era mai pronta a far ritorno a casa.
Un giorno era felicissima
perché poteva avviarsi qualche ora prima,
ma rimase sfortunata,
a metà strada è inciampata ed è caduta,
la bacchetta si ruppe e le ginocchia erano sbucciate
con forza di spirito, fece ritorno a casa,
medicò le ginocchia, prese un’altra bacchetta,
e poi via veloce per recuperare il tempo perso!
In poco tempo riempì la sacca,
la giornata era guadagnata,
ora si poteva far ritorno a casa, ma…
sul bordo del fosso, una grossa rana la guardava,
era una sfida da non rifiutare,
subito allungò la sua bacchetta ed il filo con l’esca
davanti ai suoi occhi faceva saltellare, per farla abboccare,
ma la rana si spostò più in là,
riprova ancora, ma la rana non abbocca,
e si sposta ancora un po’,
la Marietta incominciava ad arrabbiarsi,
e per la terza volta allungò la sua esca
la rana allora fece un salto, e lei veloce la catturò,
“mi hai fatto proprio arrabbiare”
e mi dispiace persino portarti a casa,
“ti ridarò la libertà”
e aprendo la sua mano la rana saltò via e fece:
“crà, crà”, chissà forse a suo modo mi ringraziò!


PIERA ZUCCHELLA

Opera 1a classificata ex aequo vernacolo Sezione Poesia

J’ög ad me màdar


Venticinch àn ad vita sensa ti,
epüra am pàr da vadat tüt i dì,
viv in tal tò ricòrd l’è un’emusion
at sé chi uncura int’un’àltra dimension.
Al mument ac tè partì par l’ültim viàg,
at mè fisà co dj’ög prufond me ‘l màr,
ög d’un asür mài vüst ad pusè bèl
cl’andeva a mastüràas co qual dal ciel.
I tò ög dal’àlt jan siguità a vardàm
a illuminàm la strà e a cunsulàm,
s’am vàrd in gir tütcòs am pàrla ad ti
ad cu ac tè fài, ad qual ac tè patì.
Quant la me vita lè cuminsà dal gnent
t’hö invàs tüt i tò spàsi, al tò cör, la tò ment
e adès che la vita lè finì in gnent par ti
in tüt i me spàsi a gh’è un quaicosa ad ti.
Un gèsto di me fiö, una fisiunumia,
tüt qual ch’immàgina la me fantasia,
mà ‘l ricòrd püsè bèl lè ‘l tò sorriso
e i tò bèi ög culur dal fiordaliso.


Traduzione: Gli occhi di mia madre

Venticinque anni di vita senza di te,
eppure mi sembra di vederti tutti i giorni,
vivere nel tuo ricordo è un’emozione,
tu sei qui ancora in un’altra dimensione.
Nel momento che sei partita per l’ultimo viaggio
mi hai guardata con occhi profondi come il mare,
occhi di un azzurro mai visto di più bello,
che andava a mischiarsi con quello del cielo.
I tuoi occhi dall’alto hanno continuato a guardarmi,
a illuminarmi la strada e a consolarmi,
se mi guardo in giro tutto mi parla di te
di quello che hai fatto di quanto hai sofferto.
Quando la mia vita è cominciata dal niente,
ho invaso tutti i tuoi spazi, il tuo cuore, la tua mente
e adesso che la vita è finita in niente per te,
in tutti i miei spazi c’è qualcosa di te.
Un gesto dei miei figli, una fisionomia,
tutto quello che immagina la mia fantasia,
ma il ricordo più bello è il tuo sorriso
e i tuoi bellissimi occhi color del fiordaliso.


RINA RAVERA

Opera 1a classificata ex aequo vernacolo Sezione Poesia

Suocerâ


Ciau Teresinâ, d’indè ch’t riv?
Sö ‘ndatâ â ca ‘dlâ me fjörâ!
Mâ pârchè s’elâ spusà?
Mâ si, âllâ set no?
Oiah, mâ no… mi no!


Mâ vardâ doncâ âvel no sâvü...
ghâvris fat un penserei.
Oh…mâ pâr cul lì t è ancurâ in temp,
lâ gh mâncâ propi un televisurei.


E dim un po’, indè ch’i ‘ll hân pja lâ mubiliâ?
I’ll hân cumprà chi int lâ nostrâ sonâ?
Mâ no… figürât! Int âl Veneto i’ll hân pjà,
i hân girà neh… però che ca… che ca!


Certo che lâ to fjörâ âdes lâ ghâvrà un bel dâfà:
lâ ca grosâ, âl lâvur, l’om, i mâstè!
Ah… mâ â gh sö mi ch’a gh dö unâ mân!
Eh… snò â lâ sirâ lâ sta nâncâ pü in pe!


Mâ âdes scüsâm, ghö propi d‘ândà.
 m‘âspetâ âl me fjö e… ânchesì lâ so donâ.
Mâ pârchè, âncâ al to fjö âl s‘è spusà?
Mâ si, s‘è spusà âl vot âd setembâr, âl dì ‘d lâ Mâdonâ!


E chisà che belâ ca âl ghâvrà âncâ lü!
Oh… j hân fat tântâ va e ve pâr pjà dü mobil,
hân girà tântâ sit e pâr tântâ dì,
doncâ... cun tüti i negosi châ ghè chi!


E âncâ lâ to nörâ âdes lâ ghâvrà un bel dâfà:
lâ ca grosâ, âl lâvur, l’om, i mâstè!
Ah… sta trânquilâ ch’ lâ sâ s-ciapâ no j os,
ghè so mamâ ch‘â gh fa tütcos!


Di’ rompâbal, fa’ no lâ suocero neh…
Lâ to fjörâ e to nörâ i gh hân dâ ves ugual pâr ti!
Mâ sâ disât?! Di’ no stüpidad, râgionâ sü!
Lâ me fjörâ l è lâ me fjörâ, lâ me fjörâ e pö pü!


 l è verâ, l è unâ storiâ vegiâ me ‘l mond:
lâ fjörâ lâ sbagliâ mai, lâ fa sempâr tüt giüst,
lâ nörâ inveci, pâr tântâ bei ch’lâ fagâ...
 câpis no ‘l pârchè... l’incontrâ no âl me güst!


Vardâ ve’ che j an pasân, pödas ânchesì dâ vech dâ bsogn…
E sâ vurisât di’? Â l’ucurensâ gh è sempâr lâ me fjörâ!
Teresinâ, in lâ vitâ âs sa mai, pödas che un bicier d’acquâ
â t lâ dagâ propi… lâ to nörâ!


Traduzione: Suocera


Ciao Teresina, da dove arrivi?
Sono andata a casa di mia figlia!
Ma perché, si è sposata?
Ma sì, non lo sai?
Oià, ma no… io no!


Ma guarda dunque, non averlo saputo…
le avrei fatto un pensierino.
Oh… ma per quello sei ancora in tempo,
le manca proprio un televisorino.


E dimmi un po’, dove hanno preso i mobili?
Li han comprati qui nella nostra zona?
Ma no… figurati! Nel Veneto li hanno presi,
han girato né... però che casa… che casa!


Certo che tua figlia adesso avrà un bel da fare:
la casa grande, il lavoro, il marito, i mestieri!
Ah… ma ci sono io che le do una mano!
Eh… altrimenti alla sera non sta neanche più in piedi!


Ma adesso scusa, devo proprio andare.
Mi aspetta mio figlio e… anche sua moglie.
Ma perché, anche tuo figlio si è sposato?
Ma sì, si è sposato l’8 di settembre, il giorno della madonna!


E chissà che bella casa avrà anche lui!
Oh… han fatto tanti versi per prendere due mobili,
han girato tanti posti e per tanti giorni,
dunque… con tutti i negozi che ci sono qui!


E anche tua nuora adesso avrà un bel da fare:
la casa grande, il lavoro, il marito, i mestieri!
Ah… sta tranquilla che non si spacca le ossa,
c‘è sua madre che le fa tutto!


Dì rompiballe, non fare la suocera né...
tua figlia e tua nuora devono essere uguali per te!
Ma cosa dici?! Non dire stupidate, ragiona, su!
Mia figlia è mia figlia, mia figlia e niente più!


È vero, è una storia vecchia come il mondo:
la figlia non sbaglia mai, fa sempre tutto giusto,
la nuora invece, per tanto bene che faccia…
Non capisco perché... non incontra il mio gusto!


Guarda che gli anni passano, puoi anche aver bisogno…
E cosa vorresti dire? All’occorrenza c‘è sempre mia figlia!
Teresina, nella vita non si sa mai, può darsi che un bicchier d’acqua
te lo porti proprio… tua nuora!


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